Spreco alimentare, Galletti: nuova legge per onorare lavoro EXPO

Audizione ministro in Commissione Affari Sociali Camera: semplificazioni già in Stabilità, incoraggiare donazione invenduto.
Sig. Presidente, On.li Colleghi,
Desidero innanzitutto ringraziare per l’invito che mi è stato rivolto, che mi da’ la possibilità di affrontare un tema di assoluta rilevanza per le gravi ricadute ambientali, economiche e sociali che genera. 

Un tema che Expo ha contribuito in maniera decisiva a mettere al centro del dibattito, a fronte di contraddizioni esistenti nel Pianeta che interrogano profondamente le nostre coscienze. Credo che alcuni numeri ci aiutino a comprendere le dimensioni del problema. 

Secondo i dati della FAO, 1/3 del cibo del mondo finisce sprecato. Parliamo di 1,3 miliardi di tonnellate. Uno spreco intollerabile, a fronte di un miliardo di persone che soffre la carenza alimentare e di 1, 4 miliardi di persone obese o in sovrappeso.

La ricaduta ambientale dello spreco è altrettanto pesante: ogni anno nel mondo 250 mila miliardi di litri d’acqua e 1,4 miliardi di ettari di suolo vengono utilizzati per produrre cibo che poi viene sprecato. Si pensi inoltre, mentre ci avviciniamo alla decisiva conferenza Cop21 sui cambiamenti climatici di Parigi,  che solo in Italia emettiamo 13 milioni di tonnellate di Co2 per produrre cibo che non mangeremo. Cibo che quindi diventerà rifiuto e che come tale graverà sui costi dello smaltimento. 

Combattere lo spreco alimentare è importante anche per contenere l’impatto sulla biodiversità che la produzione massiva di alimenti ha a livello globale: gli effetti negativi dell’espansione agricola e delle coltivazioni estensive è tale sulla frammentazione degli habitat e sulla perdita di biodiversità che appare veramente inconcepibile che una parte rilevante di quanto prodotto vada addirittura sprecato. 

Il consumo di suolo, di acqua e di biodiversità rappresentano enormi costi per la società. Il costo economico mondiale diretto di spreco di alimenti di agricoltura prodotti, sulla base di prezzi alla produzione solo, è di circa 750 miliardi di dollari, equivalente al PIL della Svizzera.

Siamo di fronte agli effetti di un modello economico, quello lineare,  che sta mostrando ogni giorno di più la sua insostenibilità a livello economico, cosi come a livello ambientale.

In Italia ogni anno produciamo circa 5,6 milioni di tonnellate di eccedenze alimentari. Tra settore primario, trasformazione, distribuzione, ristorazione e consumo gettiamo via 5,1 milioni di tonnellate di cibo. 

Il costo economico è spaventoso: parliamo di 12,6 miliardi di euro l’anno, una cifra enorme se contrapposta al milione e mezzo di famiglie che oggi sono situazione di povertà assoluta nel nostro Paese.

Il ministero dell’Ambiente lavora con grande determinazione su questo tema, in stretto raccordo con gli altri ministeri, con tutte le istituzioni competenti e con il mondo delle realtà sociali impegnate su questo tema. 

Oggi una delle più urgenti necessità è quella di intervenire sul tema degli invenduti. Il paradosso evidente che voglio porre alla vostra attenzione è quello dei supermercati,  dove è più conveniente gettare via le eccedenze, piuttosto che darle ad enti che operano a fianco di chi ha più bisogno.  

C’è allora l’assoluta necessità di incoraggiare la donazione dei cibi invenduti ma ancora commestibili a enti di beneficenza e persone in difficoltà. Dobbiamo farlo attraverso un percorso di semplificazione e armonizzazione del quadro di riferimento normativo procedurale, fiscale, sanitario. 

In questa direzione va l’intervento previsto nella Legge di Stabilità che predispone semplificazioni procedurali per la cessione gratuita di prodotti alimentari invenduti. 

L’altra grande necessità è quella di dotarci di target misurabili e trasparenti sulla riduzione degli sprechi e delle perdite durante la filiera.

Non sono tra coloro i quali ritengono che un’efficace lotta allo spreco alimentare possa essere fatta ricorrendo ai modelli punitivi, che peraltro richiedono controlli puntuali difficili nel concreto da attuare. Penso invece a un percorso orientato maggiormente su un modello educativo, che stimoli l’adozione di buone pratiche e comportamenti virtuosi nella quotidianità. Si tratta, in altri termini, di adottare un approccio che segua quella teoria della “spinta gentile” (il cosiddetto “nudge”) proposta in vari studi sull’economia comportamentale degli individui, che risulta particolarmente utile in campo alimentare sia dal lato dell’offerta che dal quello della domanda. 

Bisogna puntare sulla prevenzione, attivando campagne di informazione che coinvolgano i produttori, i distributori ed i consumatori. Altrettanto necessari sono gli interventi di semplificazione burocratica a favore delle attività produttive e commerciali. 

Nessuna nuova norma sarà però in grado di centrare l’obiettivo se non sapremo abbinarla con la sensibilizzazione, con l’educazione alle buone pratiche, specie per i giovani.

Come per tutti i temi ambientali, anche per lo spreco, la grande sfida che abbiamo di fronte è proprio quella culturale. E parte dalle scuole, da quell’educazione al corretto rapporto col cibo che è presupposto anche di un migliore rapporto con l’ambiente.  

I dati ci dicono che cresce tra gli italiani la percezione del problema dello spreco, che è avvertita l’esigenza morale di non buttare cibo nella spazzatura. Che buone pratiche come la lista della spesa, il controllo delle etichette, la cucina delle quantità giuste, la corretta conservazione degli avanzi sono entrati sempre più nella mentalità dei cittadini. 

Allo stesso tempo, c’è grande attenzione da parte delle aziende sulle varie fasi della filiera alimentare che precedono il consumo.

L’attività relativa al Piano Nazionale di prevenzione dello spreco alimentare ha visto il 5 febbraio 2014 l’organizzazione della “Consulta degli stakeholder”, parte di un’indagine conoscitiva volta a rilevare il punto di vista dei portatori di interessi sul tema degli sprechi alimentari e sulle possibili misure da inserire nel Piano. Dalla consultazione è emersa da più parti l’esigenza di definire strumenti e soluzioni efficaci per favorire, facilitare e incentivare la donazione delle eccedenze e dei prodotti alimentari invenduti lungo la filiera intervenendo sul quadro di riferimento normativo che disciplina il settore. Analogamente, a livello europeo, il tema della semplificazione delle regole che disciplinano la donazione degli alimenti è tra le priorità di azione emerse nel corso dei lavori del “Working Group on food losses and waste”. 

Tale esigenza trova spazio anche all’interno del documento sulle “Azioni prioritarie per la lotta allo spreco” predisposto dal PINPAS che ho personalmente presentato a Roma in occasione della giornata Mondiale per l’ambiente il 5 giugno 2014. 

Per raggiungere tali risultati, l’approccio da seguire è quello secondo i livelli di preferenza indicati nella cosiddetta “Food waste pyramid”, richiamata nella mia relazione sull’aggiornamento del programma nazionale di prevenzione dei rifiuti presentato nel mese di gennaio 2015.

In base a tale programma, deve essere data priorità, nell’ordine, alla prevenzione alla fonte, alla donazione a fini di beneficienza, all’alimentazione animale, nonché al compostaggio a usi energetici, configurando lo smaltimento finale solo come “extrema ratio” di tale processo virtuoso.

Si tratta di una logica che tende a collegare il tema dello spreco alimentare con la gestione del ciclo dei rifiuti; come dicevo prima, lo spreco alimentare, oltre a rappresentare un problema morale di civiltà, rappresenta uno spreco di risorse per la raccolta e lo smaltimento di questi rifiuti prodotti. 

In tal senso, il Ministero dell’ambiente, sulla base degli strumenti normativi attualmente esistenti, sta già provvedendo a porre in essere alcune importanti iniziative, che potranno costituire la base di partenza per pervenire ad un testo unitario delle iniziative legislative ora presentate nella materia in esame.

Proprio nel Programma Nazionale di Prevenzione dei Rifiuti, adottato dal Ministero dell’Ambiente a fine 2013, è prevista una specifica sezione dedicata a possibili misure per la riduzione degli scarti alimentari. 

Il Piano Nazionale di prevenzione dello spreco alimentare può incidere sulla riduzione della frazione umida presente nei rifiuti domestici, principalmente attraverso misure di sensibilizzazione dei consumatori e attraverso misure sul sistema di etichettatura dei prodotti alimentari (data di scadenza). Il PINPAS può inoltre incidere sulla riduzione dei rifiuti alimentari prodotti da mense, ristoranti, bar, mercati ed esercizi commerciali assimilabili agli urbani, attraverso la definizione di specifici accordi volontari finalizzati all’adozione di “buone pratiche antispreco”, ivi incluse la donazione dei prodotti invenduti o delle eccedenze di pasto cotto. 

Per quanto riguarda la riduzione dei rifiuti speciali non pericolosi, il PINPAS si muove nel campo della riduzione dei rifiuti prodotti dal settore agro-industriale principalmente attraverso l’adozione di misure volte a favorire la valorizzazione dei sottoprodotti dell’industria alimentare. 

Può ridurre inoltre i rifiuti prodotti dalle attività commerciali, con la definizione di specifici accordi volontari finalizzati all’adozione di “buone pratiche anti-spreco”, ivi incluse la donazione di prodotti invenduti e la vendita scontata di prodotti prossimi alla scadenza.

Tali contenuti, oggi allo stato programmatico, potrebbero ricevere la necessaria organicità qualora venissero recepiti in un veicolo legislativo che ne disciplini procedure, finalità e incentivi.

Sul tema della lotta agli sprechi alimentari si segnalano iniziative come la Campagna “Un anno contro lo spreco” promossa da Last Minute Market, con un riconoscimento alle iniziative virtuose in materia di contrasto agli sprechi alimentari, riduzione degli sprechi di acqua ed energia, acquisti verdi nella pubblica amministrazione, mobilità sostenibile, prevenzione dei rifiuti, riduzione del consumo di suolo; un premio dedicato alle azioni e ai progetti innovativi potenzialmente replicabili in altri contesti, centrati sulla riduzione degli sprechi, sull’uso efficiente delle risorse, sulla dissociazione dello sviluppo economico e sociale dal consumo di risorse e dal degrado ambientale. 

Quanto finora detto, trova coerenza anche con le molteplici Comunicazioni della Commissione Europea sui temi attinenti, tra i quali si segnalano (la strategia “Consumo e Produzione Sostenibile”, la “tabella di marcia per uso efficiente delle risorse” e quella sulla “economia circolare”.

Le iniziative sopra descritte hanno trovato un primo riscontro legislativo con il cosiddetto “collegato ambientale” (A.S. 1676) all’attenzione in queste ore del Senato, che oltre a contenere precise indicazione sull’obbligo totale o parziale, per le stazioni appaltanti, di applicare i criteri ambientali minimi per le forniture e negli affidamenti di servizi, prevede che il Ministero ambiente, di concerto con altri Ministeri, provveda ad adottare un “piano d’azione nazionale in materia di consumo e produzioni sostenibili” (PAN SCP), che dovrebbe affrontare anche i temi relativi ai settori del consumo, della grande distribuzione e del turismo.

Su questi temi, oltre al citato progetto PINPAS, il mio Ministero ha già prodotto numerose iniziative, anche di carattere normativo. 

In proposito, si ricorda che, nell’ambito del Piano d’azione nazionale sugli acquisti verdi (il cosiddetto GPP), sono stati già adottati con decreti ministeriali i criteri ambientali per gli acquisti per diversi gruppi di prodotti e servizi, fornendo indicazioni sugli imballaggi e sul contenuto di riciclato. Al riguardo, sono state avanzate alcune proposte per fronteggiare lo spreco alimentare nel campo della ristorazione collettiva, cui si potrebbe dar seguito, ad esempio, sensibilizzando i soggetti alla pratica del cosiddetto “doggy bag”, cioè del contenitore antispreco che il ristoratore dovrebbe porre a disposizione del cliente per le rimanenze del pasto, prevedendo idonei strumenti organizzativi e di incentivazione. 

Ulteriori iniziative promosse dal Ministero hanno avuto recentemente seguito in occasione dell’EXPO di Milano.

Ricordo che nel corso del Semestre Italiano di Presidenza dell’Ue è stata predisposta la “Carta di Bologna”, un’iniziativa da me fortemente voluta in collaborazione con la Segreteria tecnico-scientifica del PINPAS che riporta gli impegni in materia di contrasto agli sprechi alimentari, impegnando direttamente i governi che l’hanno sottoscritta. 

Questa iniziativa ha trovato poi il suo naturale approdo nella Carta di Milano, l’eredità culturale di Expo.

Tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre a Parigi avrà luogo la Conferenza sui cambiamenti climatici, la cosiddetta COP 21: quell’intesa sul contrasto al surriscaldamento globale da raggiungere – come detto all’inizio del mio intervento - è tutt’altro che slegata dal problema dell’approvvigionamento alimentare del Pianeta. 

Altra iniziativa rilevante è l’avviata idea di un portale, SprecoZero.net, che vuole mettere in rete le esperienze migliori dei comuni sotto il profilo del contrasto allo spreco di cibo. I buoni esempi contro lo spreco non possono più restare isolati ma vanno esportati ed estesi a macchia d’olio sul territorio, sapendo che in questo campo, quello delle buone pratiche ambientali e alimentari, copiare è tutt’altro che disonorevole. 

Alla luce delle considerazioni sopra esposte, tenuto conto delle varie proposte di legge presentate sul tema dello spreco alimentare, auspico l’approvazione di un testo normativo che faccia pienamente fronte alle molteplici esigenze prospettate.

In particolare, sarebbe opportuno fondare l’impianto della legge su un approccio che incentivi comportamenti che riducano lo spreco alimentare, attraverso misure di agevolazione fiscale rivolte ai vari soggetti che intervengono nella filiera produttiva e distributiva, compatibilmente con gli equilibri complessivi di finanza pubblica. 

Del pari, appare opportuno promuovere azioni di sensibilizzazione ed educazione ambientale anche attraverso specifiche campagne di comunicazione e informazione, nonché prevedere linee guida nazionali che comunque non impediscano la stipula di eventuali accordi in sede locale, al fine di tenere conto della diversità dei tessuti produttivi e della specificità delle abitudini di consumo dei territori.  

Particolare attenzione deve essere dedicata alle misure di semplificazione volta alla riduzione degli oneri amministrativi a carico dei soggetti della filiera ed alle innovazioni nel campo degli approvvigionamenti. 

Inoltre, si ritiene utile che il provvedimento legislativo preveda uno specifico riferimento allo strumento del Green Public Procurement (il GPP), nonché ai diversi criteri ambientali adottati, procedendo in sistema con quanto previsto nel disegno di legge “collegato ambientale” e nel disegno di legge delega in materia di appalti, entrambi all’esame del Parlamento.

Oggi, il tema dello spreco alimentare travalica i confini nazionali, interessa i legislatori stranieri e trova crescente attenzione sul piano europeo e internazionale, anche per effetto della situazione di difficoltà economica globale cui si intreccia l’emergere di temi a forte sensibilità ambientale.

Assistiamo oggi a grandi territori che si stanno spopolando per la desertificazione, alle migrazioni umane dovute anche alla carenza di cibo. Credo che la sfida per una umanità migliore e per un mondo più giusto passi anche dalla capacità di una più oculata gestione del cibo, evitando gli sprechi e garantire a tutti il necessario per vivere. 

E credo che non ci sia miglior modo per onorare il grande lavoro di Expo di giungere, come Italia, a una nuova legge per il contrasto allo spreco alimentare nei primi mesi del 2016. E’ una sfida che, spero e mi auguro, potrà trovare una larga convergenza in Parlamento e la sensibilità dei parlamentari che anche oggi questa commissione ha saputo dimostrare.

Vi ringrazio.  


Ultimo aggiornamento 12.11.2015