Inquinamento aria e rifiuti: le risposte del ministro Galletti al question time Senato

L'intervento del ministro Galletti al Question Time presso Aula Senato 

Signor Presidente,

On.li Senatori,

è con piacere che torno, oggi, in questa Aula per fare il punto su alcune questioni che ritengo di particolare rilevanza per il nostro Paese. Prenderò le mosse dal tema delle problematiche connesse all’inquinamento atmosferico per poi passare ad affrontare le questioni relative alla gestione del ciclo dei rifiuti e le bonifiche dei SIN.

I – PROBLEMATICHE CONNESSE ALL’INQUINAMENTO ATMOSFERICO

Qualità dell’aria

La legislazione comunitaria in materia di qualità dell’aria (direttiva 1996/62/CE e direttiva 2008/50/CE) prevede che gli Stati membri debbano assicurare, entro specifiche date, il rispetto di determinati valori limite di qualità dell’aria per una serie di inquinanti, grazie alla pianificazione di misure ed interventi di risanamento.

Nel nostro Paese il mancato rispetto dei limiti imposti dalle norme comunitarie, relativamente al materiale particolato PM10 e al biossido di azoto NO2, riguarda ampie aree del territorio nazionale, situate presso la maggior parte delle Regioni.

In tale contesto, l’Agenzia Europea dell’ambiente (AEA) ha recentemente pubblicato una nuova relazione in cui si evidenziano le correlazioni  tra l’inquinamento atmosferico e la salute dei cittadini europei. Secondo lo studio, la maggior parte degli abitanti delle città continua ad essere esposta a livelli di inquinanti atmosferici che l’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) non ritiene sicuri.

Tuttavia,  se si analizzano i dati riguardanti l’Italia, appare evidente come negli ultimi anni i livelli di inquinanti si siano ridotti.

Occorre segnalare che attiene alle Regioni la competenza primaria in materia di valutazione e gestione della qualità dell’aria, e quindi anche in materia di elaborazione di piani di risanamento ed adozione di misure di intervento. Ne consegue che l’azione del Ministero non ha potuto essere diretta e risolutiva rispetto ai superamenti riscontrati sul territorio nazionale, ma è stata mirata a garantire un costante e fondamentale supporto alle Amministrazioni locali.

In tal senso, è stato istituito un tavolo permanente di lavoro presso il Ministero nel quale lo Stato e le Regioni scambiano informazioni e strumenti per migliorare il livello di conoscenza e capacità di gestione dei fenomeni di inquinamento atmosferico.

Con riferimento al Bacino Padano, si fa presente che la normativa nazionale e comunitaria in materia di qualità dell’aria non prevede alcuna classificazione delle zone in base alla caratteristiche di dispersione degli inquinanti. Tuttavia riconoscendo le grandi criticità presenti nell’area, il Ministero ha dato vita ad iniziative quali l’accordo del Bacino Padano del 2013. Tale accordo, insieme al protocollo antismog del 2015 ed al futuro “programma di controllo” previsto dalla nuova direttiva NEC sui tetti nazionali alle emissioni, costituiscono un concreto contributo nazionale al tema della riduzione dell’inquinamento nei territori del Bacino Padano.

In tale contesto, per i Ministeri è previsto l’impegno a realizzare interventi nei settori individuati tra quelli maggiormente responsabili delle emissioni inquinanti mentre le regioni dovranno provvedere all’adozione delle misure mediante una modifica dei propri piani di qualità dell’aria.

Inoltre, nell’ambito dello svolgimento delle attività previste dall’accordo, il Ministero dell’ambiente, ha provveduto anche a predisporre un decreto sulla certificazione dei generatori di calore ad uso domestico, finalizzato alla diffusione di tecnologie sempre più efficienti e pulite; è stato inoltre predisposto un secondo decreto sulla individuazione di nuovi valori limite di emissione da applicare agli impianti a biomassa di natura industriale al fine di limitare il loro impatto sull’ambiente.

Ulteriori accordi potranno essere promossi per le altre Regioni italiane.

Per quanto concerne, invece, la presenza di cromo esavalente nell’aria, si fa presente che tale inquinante non ricade tra le sostanze che le norme comunitarie in materia di qualità dell’aria impongono di verificare e limitare ai fini della tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini. Del resto, le conoscenze su tale inquinante sono talmente limitate a livello internazionale che immaginare la fissazione di uno specifico valore limite sulle concentrazioni atmosferiche del cromo valido solo per l’Italia sarebbe estremamente complesso e poco realistico. Si ritiene che tale inserimento potrà essere effettuato a seguito di una ampia discussione a Bruxelles nei gruppi tecnici ed al Consiglio ambiente quando la Commissione europea riterrà, sulla base dei dati internazionali, di proporne l’introduzione nella direttiva.

Ciò premesso si rileva che in ogni caso a livello nazionale sono stati fissati limiti specifici alle emissioni di Cromo dagli impianti industriali anche per fattispecie non coperte da norme comunitarie e che nell’ambito di una attività di aggiornamento della parte quinta del decreto legislativo 152 del 2006, in atto presso il mio Ministero, tali limiti potranno anche essere rivisti ed attualizzati.

Infine, sempre con riferimento alle iniziative a tutela della qualità dell’aria, si segnala che il 30 dicembre 2015 è stato sottoscritto un Protocollo d’Intesa, che prevede la destinazione di circa 12 milioni di euro, tra il Ministero dell’Ambiente, la Conferenza delle Regioni e Province autonome e l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani, per definire ed attuare misure omogenee su scala di bacino per il miglioramento e la tutela della qualità dell’aria e la riduzione di emissioni di gas climalteranti, con interventi prioritari nelle città metropolitane.

Il Protocollo punta al finanziamento di misure dirette ad incentivare il trasporto pubblico locale e la mobilità alternativa al trasporto privato. Il decreto di indirizzo sulla destinazione e l’utilizzo delle risorse, è stato già predisposto e sarà pubblicato nei prossimi giorni. Nel Protocollo si prevede inoltre un impegno a precisare le attività da finanziare con strumenti di incentivazione esistenti per un importo totale di circa 350 milioni di euro. In tale ambito sono già stati attivati 6 milioni di euro per il finanziamento di interventi di mobilità sostenibile ed efficienza energetica nelle città di Bologna, Roma, Milano e Torino, nonché 35 milioni di euro destinati al programma sperimentale nazionale di mobilità sostenibile casa-scuola e casa-lavoro al fine di finanziare progetti predisposti da uno o più enti locali e riferiti a un ambito territoriale con popolazione superiore a 100.000 abitanti, diretti a incentivare iniziative di mobilità urbana alternative all’automobile privata.

Per quanto concerne, infine, le azioni da intraprendere, si ricorda che la Commissione Europea ha pubblicato, a dicembre 2013, la nuova strategia tematica sulla qualità dell’aria. La strategia si articola in un documento generale di indirizzo e nella previsione di due direttive, da adottare con la finalità di ridurre le emissioni degli inquinanti e quindi perseguirne la riduzione delle concentrazioni in atmosfera.

Una delle due direttive prevede la fissazione di obiettivi di riduzione delle emissioni nazionali dei singoli Stati Membri, da raggiungere in due step rispettivamente entro il 2020 e il 2030 attraverso l’adozione di specifici “programmi di controllo” nazionali.

Il programma, che dovrà essere elaborato in collaborazione con tutti i Ministeri aventi competenza su settori emissivi (trasporti, industria ed agricoltura), costituirà un ulteriore tassello, della strategia portata avanti a livello centrale per la lotta all’inquinamento atmosferico. Tenuto conto che il recepimento della direttiva NEC dovrà avvenire entro la metà dell’anno 2018, un primo programma dovrà essere adottato entro la metà del 2019, da aggiornare, secondo quanto previsto dalla direttiva, ogni 4 anni.
 

Efficientamento energetico target europei

Lo scorso 30 novembre è stato presentato dalla Commissione Europea il cosiddetto “winter package” che, completando il quadro di indirizzo degli impegni al 2030 sul clima e l'energia, conferma la forte determinazione a proseguire e accelerare lungo il processo di decarbonizzazione delle nostre economie.

Le proposte presenti nel pacchetto segnano le traiettorie che le future politiche energetiche dovranno seguire per il raggiungimento degli ambiziosi obiettivi di riduzione delle emissioni, di sviluppo delle energie rinnovabili e incremento dell’efficienza energetica.

Come Ministro dell’Ambiente vedo con particolare favore la proposta della Commissione di prevedere un target vincolante e più ambizioso di quello definito dal Consiglio Europeo nel 2014 per l’efficienza energetica (incrementando dal 27% al 30% l’obiettivo di risparmio energetico calcolato sui consumi tendenziali al 2030).

Questi target richiedono un impegno sul piano strategico e programmatico al quale far seguire un rafforzamento delle misure/strumenti per l’efficienza energetica.
 

Strategia energetica nazionale.

Sul piano della programmazione i prossimi passi sono la revisione della SEN - Strategia Energetica Nazionale e la predisposizione del Piano nazionale per l’energia e il clima 2021-2030 richiesto nell’ambito dell’Energy Union.

In questa sede mi limito a ricordare che nella SEN varata nel 2013, veniva riconosciuto all’efficienza energetica un ruolo assolutamente centrale (è la prima delle sette priorità individuate nel documento).

Su questo fronte si sta avviando una intensa collaborazione tra le Amministrazioni competenti, a partire dal mio Ministero e dal MiSE.

Sul piano delle misure messe in campo vorrei fare il punto su quanto fatto recentemente.

Di concerto con il MiSE, sono stati stabiliti nuovi requisiti minimi da rispettare per la prestazione energetica degli edifici di nuova costruzione.
Con il recepimento della Direttiva 27/2012, dovrà essere ristrutturato almeno il 3%, per ogni anno, della superficie coperta utile degli edifici di proprietà della pubblica amministrazione centrale e da essa occupati.

Al fine di rendere più efficace lo strumento è stato predisposto il decreto interministeriale del 16 febbraio 2016 che introduce alcune semplificazioni delle procedure di accesso ed erogazione dei finanziamenti, un ampliamento degli interventi ammessi, una rimodulazione degli incentivi riconosciuti.

C)       E’ stato riattivato il Fondo Rotativo di Kyoto per l’erogazione di finanziamenti a tasso agevolato per la riqualificazione energetica degli edifici scolastici e delle università.

D)      A questi strumenti per il comparto pubblico, si è aggiunta l’estensione e il potenziamento delle detrazioni fiscali per chi migliora l’efficienza energetica degli edifici privati (Legge di Bilancio 2017).

Infine, uscendo dalla riqualificazione energetica degli edifici, si segnala il meccanismo dei certificati bianchi che in prospettiva avrà un impatto significativo sui risparmi energetici del comparto industriale.

 
Cambiamenti climatici

Il contributo nazionale che noi abbiamo portato dentro l’Accordo di Parigi, siglato nel dicembre del 2015, è quello sottoscritto dai Paesi europei in occasione del Consiglio Europeo del 23 e  24 ottobre 2014, sotto la presidenza italiana, , con l’impegno da parte dei Paesi europei a ridurre le proprie emissioni di CO2 entro il 2030 di almeno il 40 per cento.

In quella sede sono stati imposti target sia sul raggiungimento del livello di consumo di energie rinnovabili sia sul miglioramento dell’efficienza energetica, pari in entrambi i casi a valori obiettivo del 27 per cento.

Tra le varie iniziative in questo senso assunte dal mio Ministero segnalo in particolare i lavori preparatori al Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici: il piano è stato predisposto in bozza alla fine dell’anno 2016 e sarà sottoposto a breve alla consultazione con le istituzioni (Regioni e Ministeri) e il partenariato economico e sociale. Si prevede la sua ultimazione ad aprile 2017.

Nel percorso per rendere operativo l’Accordo di Parigi, che sebbene entrato in vigore il 4 novembre scorso, sarà effettivamente operativo a partire dal 2020, la Conferenza di Marrakech ha rappresentato una tappa importante. In Marocco è stata focalizzata l’attenzione sulla necessità di affrontare le esigenze dei Paesi in via di sviluppo in materia di capacity building e di facilitare l’accesso ai finanziamenti internazionali per dare seguito ad azioni e priorità introdotte nei rispettivi piani nazionali sul clima e si è discutendo su vari aspetti.

In particolare, sono state adottate tutte le Decisioni tecniche necessarie per rendere operativo il Comitato di Parigi sulla Capacity Building (PCCB).


II. GESTIONE CICLO DEI RIFIUTI CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLA BONIFICA DEI SITI DI INTERESSE NAZIONALE

Gestione del ciclo dei rifiuti.

I dati sulla gestione dei rifiuti, presentati lo scorso dicembre dall’ISPRA e relativi all’anno 2015, offrono una fotografia dell’Italia in cui la percentuale di raccolta differenziata cresce di 2,3 punti rispetto all’anno 2014, raggiungendo il 47,5%, dato che, in valore assoluto, vuol dire che la raccolta differenziata supera i 14 milioni di tonnellate, con una crescita di 619 mila tonnellate rispetto al 2014 (+4,6%).

I risultati raggiunti sono tuttavia disomogenei sul territorio nazionale.

La vera sfida dei prossimi anni è di allineare gli standard di efficienza della gestione dei rifiuti delle diverse aree del territorio per raggiungere il comune obiettivo del 65% di raccolta differenziata, ovvero del 50% di avvio a riciclo.

Prima ancora della raccolta differenziata e del riciclo, la gerarchia dei rifiuti pone però la prevenzione ai vertici delle forme di gestione.

Anche sulla prevenzione vi è l’esigenza di un forte coordinamento tra livello centrale e regionale. L’integrazione del Programma nazionale nei piani regionali rappresenta la condizione necessaria e indispensabile affinché le misure previste a livello nazionale possano dispiegare i propri effetti e portare al raggiungimento dei previsti obiettivi di riduzione.

In questi anni il Ministero ha dato luogo ad una attività di approfondimento dell’attuazione, a livello regionale, della normativa che disciplina la gestione integrata del ciclo dei rifiuti. In particolare con le Regioni Calabria, Campania, Puglia, Liguria, Sicilia, Veneto, Marche e Abruzzo si è avviato un percorso collaborativo atto a superare le varie criticità territoriali.

Se da un lato quindi è richiesto alle Regioni e ai Comuni di creare le condizioni per un efficiente rete di raccolta dei rifiuti, perché questa possa davvero diventare funzionale al sistema Paese e creare nuove opportunità economiche, è necessario che vi sia un’adeguata dotazione infrastrutturale tale da permettere la valorizzazione dei rifiuti. Con i  d.P.C.M. del  7 marzo 2016 e  del 10 agosto 2016, adottati in attuazione dello Sblocca Italia, il Ministero ha condotto una ricognizione sul fabbisogno nazionale di termovalorizzazione e di compostaggio individuando dotazioni impiantistiche necessarie e i fabbisogni residui da soddisfare, al fine di garantire la corretta chiusura del ciclo dei rifiuti. Come è noto, infatti, l’articolo 35 dello “Sblocca Italia” ha previsto che, su proposta del mio Ministero, si provveda alla adozione di due d.P.C.M aventi ad oggetto:

  • la ricognizione degli impianti di incenerimento dei rifiuti urbani esistenti o autorizzati a livello nazionale, la determinazione della capacità impiantistica necessaria a soddisfare il fabbisogno residuo di incenerimento, nonché l’individuazione degli impianti di incenerimento dei rifiuti urbani e assimilati necessari per coprire il relativo fabbisogno residuo (comma 1);
  • la ricognizione della capacità impiantistica di recupero della frazione organica dei rifiuti urbani raccolta in maniera differenziata e la determinazione della capacità necessaria a soddisfare il fabbisogno residuo di trattamento (comma 2).

Il ciclo integrato dei rifiuti si compone di diversi elementi che devono necessariamente essere realizzati tutti: la mancanza di un solo anello determinerebbe l’impossibilità di chiudere il ciclo e la conseguente necessità di far ricorso allo smaltimento in discarica. Le capacità di incenerimento individuate, lungi dal sostituirsi ad altre forme di gestione più virtuose, sono necessarie alle predette finalità.

Compostaggio

Tra le varie attività che ha visto impegnato il Ministero segnalo quella per il corretto trattamento della frazione organica dei rifiuti.

La frazione maggiormente raccolta in modo differenziato è infatti proprio la frazione organica che costituisce circa il 43,31% del totale raccolto. Secondo il Rapporto rifiuti urbani 2016, nel 2015 la  frazione organica registra tra il 2014 e il 2015, un incremento di circa 350 mila tonnellate e si attesta a quasi 6,1 milioni di tonnellate di cui 3,4 milioni di tonnellate raccolte nelle regioni settentrionali, 1,2 milioni di tonnellate nel Centro e quasi 1,5 milioni di tonnellate nel Sud.

In ordine alla quantificazione del fabbisogno impiantistico per il riciclo della frazione organica il Ministero dell’ambiente ha emanato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 marzo 2016, in attuazione dell’art. 35.

Il fabbisogno teorico di impianti di recupero della frazione organica dei rifiuti urbani è stimato sulla base dell’ipotesi di estendere la raccolta differenziata di tale frazione a tutti i Comuni e di intercettare la maggior parte della frazione organica presente nel rifiuto prodotto.

La ricognizione degli impianti presenti è stata fatta considerando l’offerta impiantistica atta a dare continuità e solidità al sistema.  Dalle  analisi condotte emerge una situazione di grave deficit per l’area geografica meridionale.

In tema di riciclaggio della frazione organica è, inoltre, in fase di pubblicazione in G.U. il decreto ministeriale recante “i criteri operativi e le procedure autorizzative semplificate per il compostaggio di comunità di rifiuti organici” che introduce una tipologia di impianto di piccola taglia con la peculiarità di essere gestito collettivamente dalle utenze domestiche e non domestiche, in qualità di utenze conferenti nell’apparecchiatura, al fine dell’ottenimento del compost da utilizzare tra le medesime.

L’obiettivo perseguito è quello di ridurre gli impatti derivanti dalla gestione della frazione organica dei rifiuti urbani contribuendo al raggiungimento degli obiettivi di riciclaggio, ai sensi dell’articolo 11 della direttiva 2008/98/CE, e di riduzione del conferimento dei rifiuti biodegradabili in discarica, ai sensi dell’articolo 5 della direttiva 1999/31/CE.

L’attività di compostaggio di comunità, in quanto attività di riciclaggio partecipa al raggiungimento dell’obiettivo di riciclaggio del 50% dei rifiuti urbani e dell’obiettivo di riduzione del conferimento dei rifiuti biodegradabili in discarica.

Emergenza ambientale nella “terra dei fuochi”

Le problematiche ambientali connesse alla c.d. Terra dei Fuochi rappresentano una priorità per il mio Ministero. Le iniziative di contrasto e di prevenzione di un fenomeno così pluri-fattoriale richiedono un lavoro di raccordo complesso, nel quadro delle attività promosse dal Patto per la Terra dei Fuochi, e coordinate presso la Cabina di regia inter-istituzionale con le Prefetture, la Regione Campania e gli enti locali.

Tra le numerose misure adottate si evidenziano, in particolare, il potenziamento dei controlli delle forze dell’ordine (138 fermi di persone sospette; sono stati censiti e segnalati 1809 siti di abbandono di rifiuti; sono stati effettuati interventi su 356 luoghi di incendio in atto; 756 controlli sui rivenditori di pneumatici, 477 su opifici tessili, 459 in agricoltura, 1660 su cantieri edili; hanno inoltre elevato 4020 contravvenzioni per violazioni amministrative e 1329 denunce per violazioni ambientali; hanno eseguito 108 arresti, di cui 75 per il reato di incendio di rifiuti, 564 sequestri di aree interessate da scarico abusivo e combustione di rifiuti, 340 sequestri di veicoli impiegati per il trasporto; hanno infine comminato quasi 500.000 Euro di sanzioni amministrative).

Sul versante roghi, l’anno 2016 ha confermato la tendenza in costante diminuzione degli incendi dolosi di rifiuti nelle aree delle province di Napoli e di Caserta. Con esclusivo riferimento ai Comuni della c.d. Terra dei Fuochi, si registrano punte di oltre il 70% in meno rispetto allo scorso anno. Tale risultato è stato possibile anche grazie al controllo ad ampio raggio da parte delle Forze dell’Ordine, delle Polizie locali e degli Ispettorati del Lavoro, dell’Inps e dell’Inail, mirate sulle aziende che trattano le categorie merceologiche connesse agli abbandoni e ai roghi sulle aree nelle quali sono insediate.

Si segnala inoltre che il protocollo Ministero Ambiente-Incaricato del Governo-Ecopneus ha consentito ai Comuni aderenti di rimuovere gratuitamente oltre 16.000 Tonnellate di gomme abbandonate su strade e aree pubbliche

L’individuazione ed il potenziamento delle opportune azioni dirette a fronteggiare dette emergenze ambientali, rappresentano una priorità per il Ministero dell’ambiente che presiede il Comitato Interministeriale istituito con decreto legge n. 136 del 2013 (convertito con modificazioni dalla legge 6 febbraio 2014, n. 6) con il compito di “determinare gli indirizzi per l’individuazione o il potenziamento di azioni e interventi di prevenzione del danno ambientale e dell’illecito ambientale, monitoraggio, anche di radiazioni nucleari, tutela e bonifica nei terreni, nelle acque di falda e nei pozzi della Regione Campania”.

Nell’ambito del citato Comitato è stata istituita apposita Commissione quale organo tecnico-operativo, la quale ha avviato un approfondito esame delle diverse e complesse questioni poste all’attenzione dalle linee di indirizzo fornite dal Comitato Interministeriale, giungendo nel maggio scorso all’adozione di un programma degli interventi finalizzati alla tutela della salute, alla sicurezza, alla bonifica dei siti, nonché alla rivitalizzazione economica dei territori della c.d. Terra dei Fuochi.

Nello specifico, il piano elaborato dalla Commissione, caratterizzato da interventi di ampio respiro, mira a coniugare il delicato tema del monitoraggio e della bonifica delle aree agricole, con quello delle iniziative di screening e di prevenzione dei rischi per la salute dei cittadini e ancora con quello del permanere di fenomeni di illegalità e di inciviltà che attengono allo smaltimento abusivo dei rifiuti.

Il documento è stato oggetto di esame ed approvato dal Comitato Interministeriale, che si è riunito presso il Ministero dell’ambiente il 2 agosto scorso, il quale ha altresì deliberato la sua trasmissione alla Cabina di regia per la programmazione del Fondo di sviluppo e coesione 2014-2020, ai fini del successivo esame da parte del CIPE.

Per quanto concerne le linee finanziarie strumentali agli interventi indicati nel programma della Commissione, si fa presente che il fabbisogno economico complessivo per le misure previste è pari a 103,425 milioni di Euro.

Si segnala, inoltre, che in attuazione delle disposizioni urgenti previste dal predetto decreto-legge 136 del 2013, il Ministero dell’ambiente ha già predisposto lo schema di Regolamento concernente i parametri fondamentali di qualità delle acque destinate ad uso irriguo su colture alimentari e le relative modalità di verifica. Tale schema è stato  trasmesso dalla competente Direzione Generale del Ministero all’Istituto Superiore di Sanità, all’ISPRA ed al Centro Ricerche Agricoltura per il necessario confronto tecnico-scientifico con tali enti, funzionale all’ulteriore seguito dell’iter di approvazione del provvedimento. Al riguardo il Ministero è costantemente impegnato nell’attività di  monitoraggio in ordine al predetto iter.

Si fa presente, infine, che la Legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Legge di Stabilità 2016) ha istituito, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, un fondo con una dotazione di 150 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017, per l’effettuazione di interventi di carattere economico, sociale ed ambientale nei territori della Campania noti come “Terra dei fuochi”.

Nel novembre 2016 la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha predisposto la bozza di decreto nel quale sono stati individuati gli interventi e le amministrazioni competenti cui destinare le rimanenti risorse pari a 297 milioni di euro, inviata al Ministro dell’economia e delle finanze per condivisione e le valutazioni di competenza ai fini della successiva firma da parte del Presidente del Consiglio dei ministri.

Procedure di Infrazione ed EU PILOT in campo ambientale

Con riferimento alla gestione del contenzioso con l’Unione europea il mio Ministero svolge un costante e continuo ruolo di collegamento con il Dipartimento delle Politiche europee e con gli Organi della Commissione europea, anche attraverso la Rappresentanza permanente a Bruxelles.

Grazie all’impegno dedicato, il Ministero si è distinto per il crescente impegno e rendimento che ha consentito, in tre anni, di ridurre di quasi il 60% le procedure di infrazione e gli EU-Pilot, riportando sotto controllo una situazione inizialmente critica.

La gestione delle Procedure di infrazione e dei casi EU-Pilot, è infatti contraddistinta, nell’ultimo triennio, da un trend estremamente positivo dovuto all’attento lavoro svolto dal personale preposto.

A fronte di un quadro generale nazionale di 70 procedure di infrazione aperte a carico dell’Italia, in tutti i settori complessivamente considerati, 55 derivano da violazione del diritto dell'Unione e 15 da mancato recepimento di direttive.

Con specifico riferimento alle procedure di infrazione in materia ambientale, nel febbraio 2014 risultavano aperte n. 35 procedure di infrazione. Il dato si è ridotto a 21 procedure di infrazione nel 2015 e, successivamente, è ulteriormente sceso a 18 procedure di infrazione, nell’arco del primo trimestre del 2016.

Grazie anche al proficuo lavoro svolto durante la riunione “Pacchetto Ambiente”, tenutasi il 16 e il 17 giugno 2016 tra le Autorità italiane e la Commissione europea, le procedure di infrazione si sono ulteriormente ridotte risultando ad oggi pendenti n. 13 procedure di infrazione, tutte attribuibili ad inadempimenti delle Amministrazioni regionali. Le procedure a carico dell’Amministrazione centrale sono state tutte archiviate.

In merito alle Attività svolte a seguito delle sentenze di condanna dell’Unione europea concernenti le discariche abusive (Causa C-196/13) si rappresenta che ad oggi, per 40 discariche oggetto di procedura d’infrazione le Autorità italiane hanno chiesto lo stralcio. In attesa degli esiti della verifica della documentazione trasmessa in data 2 dicembre 2016, rimangono in procedura di infrazione  133 discariche.

Per le predette 133 discariche, i termini sono infruttuosamente decorsi per 58 discariche per le quali il Governo ha proceduto alla nomina di un Commissario straordinario (Dott. Donato Monaco, Gen. di Brigata del Corpo Forestale dello Stato).

Per quanto concerne  la Regione Campania (Causa C-653-13), la gestione dei rifiuti è stata oggetto della sentenza di condanna della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 16 luglio 2015.           La Regione, su costante sollecitazione del Ministero, ha adottato il documento intitolato “Indirizzi per l’aggiornamento del Piano Regionale per la gestione dei Rifiuti Urbani” e il  Ministero continuerà a tenersi informato e a svolgere un’attività di sollecito nei confronti dei soggetti territorialmente competenti.

Per quanto concerne invece  Progetti Pilota – EU Pilot sono passati da 53 aperti nel febbraio 2014, ai 37 del 2015, poi scesi a 29 nel corso del 2016. Sul punto si precisa che, anche in questo caso, si tratta di progetti pilota imputabili, quasi esclusivamente, ad inadempimenti delle Amministrazioni regionali.

- Per quanto riguarda invece le procedure di infrazione in materia di acque reflue urbane si fornisco i seguenti elementi.

Come ho già avuto modo di riferire durante l’audizione di ieri in Commissione V della Camera, l’Italia è sottoposta a tre procedure di infrazione relative alla violazione della disciplina europea in materia di acque reflue urbane.

Per le procedure di infrazione nn. 2004/2034 e 2009/2034 è già intervenuta una prima condanna da parte della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

In particolare, la Procedura d’infrazione 2004/2034 riguarda ad oggi 80 agglomerati con carico generato maggiore di 15.000 abitanti equivalenti e scarico in area normale.

Per quanto concerne invece la Procedura d’infrazione 2009/2034 sono, ad oggi, ancora 34 gli agglomerati con carico generato maggiore di 10.000 abitanti equivalenti e scarico in area sensibile non conformi alla direttiva europea.

Nella riunione Pacchetto ambiente del 16 giugno u.s. la Commissione europea ha dichiarato che  analizzando  gli ultimi dati potrà considerare conformi 7 agglomerati. Allo stato, siamo ancora in attesa della comunicazione ufficiale, ma, se confermato, il numero degli agglomerati in contenzioso scenderebbe a 27.

Per i 16 agglomerati non conformi la data prevista di raggiunta conformità varia tra la fine di quest’anno e il 2021.

Per l’adeguamento dei 16 agglomerati non conformi sono previsti 28 interventi con un costo complessivo pari a € 130.803.592, interamente finanziati.

A fronte di tale situazione, evidentemente non rosea, il rischio di una seconda condanna con l’irrogazione di pesanti sanzioni economiche è, purtroppo, estremamente realistico per la procedura d’infrazione n. 2004/2034.

Lo scorso 8 dicembre il Collegio dei Commissari UE ha deciso, infatti, di deferire l’Italia innanzi alla Corte di Giustizia..

Al momento è difficile quantificare in quanto tempo sarà pronunciata la sentenza ma lo sforzo che il Governo sta cercando di compiere, proprio con la scelta oggetto dell’articolo 2 del decreto legge Mezzogiorno, è di tentare di presentare alla Commissione le prove di un'attività concreta sul terreno, maggiormente incisiva, che giustifichi un rinvio del deposito in Corte del ricorso.

Per superare le problematiche riscontrate e per riportare a unitarietà la situazione commissariale è stata predisposta la scelta di good governance, auspicata formalmente dalla stessa Commissione europea, ora prevista all’articolo 2.

L’attività dei Commissari nominati per l’adeguamento alle sentenze di condanna della Corte di Giustizia relative alle procedure n. 2004/2034 e n. 2009/2034, ai sensi dell'articolo 7, comma 7, del decreto-legge 12 settembre 2014, n.133, sarà ricondotta in capo ad un unico Commissario straordinario per la realizzazione e l’adeguamento dei sistemi di collettamento, fognatura e depurazione degli agglomerati urbani oggetto delle due infrazioni.       

Bonifiche dei Siti di Interesse Nazionale.

Il Ministero dell’Ambiente è l’amministrazione competente per la predisposizione degli interventi di messa in sicurezza e bonifica delle aree ricomprese nel perimetro dei 40 Siti di Interesse Nazionale. 

Le risorse complessivamente stanziate dal mio Ministero, a favore delle Regioni, dei Commissari delegati e delle Province Autonome di Trento e Bolzano, per interventi di bonifica di competenza pubblica nei SIN, ad oggi ammontano a circa 2 miliardi di euro.

Ricordo che il Ministero dell’Ambiente ha, inoltre, assegnato per gli ex SIN oltre 152 ML di euro già nella disponibilità dei soggetti beneficiari.

Più in generale le risorse sopra richiamate sono state disciplinate attraverso il ricorso a strumenti di programmazione negoziata (Accordi di Programma e Accordi di Programma Quadro), sottoscritti dal Ministero con le altre amministrazioni coinvolte ovvero mediante “Atti di disciplina” a livello regionale, o in forza delle varie Ordinanze di protezione Civile.

Le Regioni provvedono annualmente a trasmettere al Ministero una relazione sullo stato di avanzamento degli interventi finanziati e sulle somme effettivamente utilizzate.

Recentemente, il mio Ministero, ha predisposto il Piano di “Interventi per la tutela del territorio e delle acque”, nell’ambito del quale sono stati individuati anche interventi strategici e prioritari di bonifica nei SIN, per un importo complessivo di circa 750 milioni di euro, già approvato dalla Cabina di regia istituita con D.P.C.M. del 25 febbraio 2016 e dal CIPE, nelle rispettive sedute del 1 dicembre 2016.

Vale la pena rimarcare che numerosi Siti di Interesse Nazionale corrispondono ai grandi poli industriali nazionali, dismessi o ancora attivi. In tali siti, l’adempimento agli obblighi di caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica imposti dalla legge è propedeutico e vincolante per la creazione o l’ampliamento di opere o insediamenti produttivi e, più in generale, agli investimenti necessari al rilancio economico-produttivo degli stessi.

Ne consegue che una strategia efficace volta al rilancio delle bonifiche nei Siti di Interesse Nazionale, oltre a favorire il riutilizzo di ampie porzioni del territorio nazionale già sfruttate, rispetto alla creazione di nuovi insediamenti, risulta determinante per lo sviluppo del tessuto produttivo, l’incremento della competitività e la valorizzazione del territorio.

Relativamente ai risultati conseguiti, i numeri ci dicono che abbiamo impresso una significativa accelerazione nei Siti di Interesse Nazionale.

Dal primo gennaio 2014 ad oggi, sono state indette 265 Conferenze dei Servizi, di cui 193 istruttorie e 72 Decisorie. Nel 2016, inoltre, sono stati perfezionati i procedimenti di perimetrazione dei S.I.N. Emarese, Bussi, Sulcis e Grado e Marano.

È stata, inoltre, perfezionata la perimetrazione  del S.I.N. Valle del Sacco con una procedura innovativa che ha previsto la massima partecipazione di tutti i Soggetti pubblici e privati interessati.

Il frutto di questo lavoro è un dato che dice molto: ad oggi le aree liberate e restituite agli usi legittimi sono passate da 1.482 ettari del 2013 a 5.755 ettari, pari a oltre 5000 campi da calcio ovvero alla superficie del Comune di Udine. A questo dato positivo va aggiunto quello delle aree già restituite per effetto delle riperimetrazioni concluse nel 2016 (Bussi; Emarese; Sulcis; Grado e Marano).

Senza contare che dal 1° gennaio 2014 ad oggi sono stati predisposti 154 decreti per la loro messa in sicurezza e bonifica (pari a oltre il 30% dei decreti perfezionati dal 2000 ad oggi).

Infine, la strategia adottata in termini di partecipazione al procedimento amministrativo e trasparenza degli atti che vengono pubblicati sul sito del Ministero dell’Ambiente, ha consentito una drastica riduzione del contenzioso amministrativo sui S.I.N. L’attuale attività della divisione competente in tema di contenzioso riguarda provvedimenti emanati precedentemente al 2013.

Tutto questo è il risultato che si è potuto raggiungere puntando sulla semplificazione dei procedimenti di competenza, cercando sempre un ampio coinvolgimento dei diversi enti territoriali interessati e un’intensa interlocuzione con le aziende.

È chiaro a tutti che il lavoro resta ancora molto lungo e difficile, non siamo ancora a metà dell’opera. A ben vedere per prima cosa vanno rimosse quelle lentezze e disattenzioni che oggi rendono gli interventi sul territorio ancor più complicati di quanto non lo siano.

Da ultimo, mi preme evidenziare che la legislazione vigente troppo spesso costruisce, nei vari settori dell’ambiente, complessi concorsi di competenza tra i vari enti territoriali che – se certamente vanno incontro all’esigenza di dar voce alle istituzioni rappresentative dei territori specificamente coinvolti dalle singole decisioni – troppe volte rappresentano fattori di complicazione procedurale tali da mettere a rischio la stessa efficacia del sistema decisionale.

Al riguardo deve senza dubbio essere vista con favore quella tendenza che negli ultimi anni ha caratterizzato la giurisprudenza costituzionale, che ha puntato a valorizzare le responsabilità dello Stato in campo ambientale, “prendendo sul serio” l’attribuzione a quest’ultimo, da parte dell’art. 117 Costituzione, della competenza legislativa esclusiva.

E’ dunque mia intenzione farmi promotore di iniziative normative di riforma della legislazione ambientale che sia la più vasta possibile, al fine di adeguare le norme sul riparto delle competenze fra Stato, Regioni ed enti locali, e sui diversi processi decisionali al nuovo assetto costituzionale delle responsabilità anche in riferimento alle questioni rappresentate oggi in questa sede.


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