Question Time del ministro Galletti alla Camera dei Deputati

Interrogazione a risposta immediata presentata dagli On.li DORINA BIANCHI e PISO
Il problema del nostro Paese nella gestione dei rifiuti, quello che innesca le sanzioni Ue ma soprattutto mette a rischio il nostro Ambiente e induce le attenzioni delle ecomafie, è rappresentato dalle enormi quantità che ancora oggi vengono conferite nelle discariche. Siamo ancora a circa il 40%: una percentuale intollerabile. InEuropa ci sono paesi come Germania, Svezia, Belgio, Olanda che hanno di fatto eliminato le discariche e il carico di problematicità che esse causano all’ambiente. Nei paesi più virtuosi lo smaltimento attraverso recupero energetico arriva fino al 50% dei rifiuti.

In Italia la situazione è nota. In alcune regioni abbiamo un sistema di incenerimento che, accoppiato ad una consistente raccolta differenziata, fa sì che gli impianti lavorino al di sotto della loro capacità autorizzata. Altre invece che, con la progressiva chiusura delle discariche, devono trasportare altrove, anche all’estero, i rifiuti urbani prodotti.
Una situazione paradossale, in cui paghiamo perché altri paesi producano energia con i nostri rifiuti. E’ anche questo il motivo che ha indotto il Governo a introdurrel’articolo 35 del decreto “Sblocca Italia”, che definisce“infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale” gli impianti di incenerimento esistenti e quelli da realizzare per coprire il fabbisogno residuo. E' un percorso che vogliamo portare avanti in stretta condivisione con le Regioni e gli Enti locali. L’obiettivo non è moltiplicare i termovalorizzatori: per questo si prevede che venga definita la capacità di trattamento degli impianti esistenti. La misura serve al progressivo riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale, nel rispetto degli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio e tenendo conto della pianificazione regionale. A tal fine è necessario che tutti gli impianti, sia nuovi che già esistenti, siano autorizzati a lavorare al limite della capacitàinstallata, cioè sfruttino tutta la capacità dei propri forni; sarà compito delle autorità competenti adeguare le autorizzazioni integrate ambientali agli impianti esistenti, qualora ne venga valutata positivamente la compatibilità ambientale. I nuovi impianti dovranno essere progettati e quelli esistenti adeguati ai migliori standard ambientali e ricompresi nella classificazione degli impianti di recupero R1. Affinché si possa parlare di sistema integrato a livello nazionale, è previsto che, esaurite le esigenze delle regioni di riferimento, per la disponibilità residua autorizzata sarà possibile trattare rifiuti urbani prodotti in altre regioni. Si prevede anche la riduzione della metà dei termini previsti per le procedure di espropriazione per pubblica utilità, nonché la qualificazione come “perentori” dei termini per le procedure di VIA e AIA. Nessuna corsa agli inceneritori quindi, ma una corsa per superare le emergenze che hanno portato alle sanzioni europee e al contempo spingere al massimo sulla differenziata. Il problema dei rifiuti non si risolve producendone di nuovi, ma recuperando pienamente materiali e sostanze.

Interrogazione a risposta immediata presentata dall’ On. MATARRESE
La questione sollevata dall’interrogante è da tempo nota e seguitadal Ministero attraverso ripetute interlocuzioni con la competente Regione Puglia e con la Provincia di Brindisi.
Con riferimento al Depuratore di Carovigno, il 26 settembre scorso è pervenuto al Ministero un rapporto del Consorzio di gestione dell’area marina protetta di Torre Guaceto, su un’autorizzazione rilasciata dalla Regione Puglia per lo scarico di acque reflue nella Zona A di massima tutela dell’area protetta. Già nel pomeriggio dello stesso giorno veniva interessata laRegione, in qualità di Ente competente in materia, segnalando l’urgenza di acquisire una dettagliata informativa. Veniva rilevato che l’autorizzazione, che sarebbe risultata già attiva e operante, sembrava presentare profili di violazione di legge sul Decreto Ministeriale 4 dicembre 1991, istitutivo dell’Area marina protetta, che all’articolo 4 espressamente vieta “l’alterazione con qualsiasi mezzo, diretta o indiretta, dell’ambiente geofisico e delle caratteristiche chimiche e biologiche delle acque, nonché la discarica di rifiuti solidi o liquidi e in genere l’immissione di qualsiasi sostanza che possa modificare, anche transitoriamente, le caratteristiche dell’ambiente marino, nonché l’escavazione e la raccolta di materiali inerti”. Ulteriori implicazioni derivano dalla presenza del Sito di Interesse Comunitario “Torre Guaceto-Macchia San Giovanni” e dalla mancata attivazione della necessaria Valutazione di Incidenza. Il Servizio Risorse Idriche della Regione Puglia, con nota del 16 ottobre, richiamava la procedura d’infrazione sulla Direttiva acque nonché il procedimento penale in corso, sottolineando che l’autorizzazione provvisoria allo scarico nel “Canale Reale” costituiva l’unica alternativa valida. Rimandava, quindi, alla Provincia di Brindisi per gli elementi sulla Valutazione di incidenza. Il ministero ha immediatamente interessato il Servizio Ecologia della Regione, sottolineando l’importanza di adempiere alle disposizioni impartite dalla Direttiva comunitaria 92/43/CEE, sulla conservazione e la tutela della Rete Natura 2000 sui siti di particolare interesse ambientale, ribadendo la necessità di acquisire gli esiti della Valutazione di incidenza. Dal verbale inviato dalla Regione Puglia sull’incontro svolto il 7 ottobre con tutti i Soggetti interessati, si evince che l’Acquedotto Pugliese avrebbe provveduto ad approfondire le opportunesoluzioni tecniche per mitigare gli effetti del deflusso dei reflui. Era stato previsto, peraltro, un ulteriore incontro per il 27 ottobre sull’esito delle indagini in corso.
Il Ministero dell’Ambiente segue con la massima attenzione lasituazione, per intervenire tempestivamente presso le competenti Autorità qualora se ne dovesse verificare la necessità, per i profili di propria competenza. Rimane, inoltre, in costante contatto con la locale Capitaneria di porto di Brindisi e col Reparto Ambientale Marino delle Capitanerie di Porto, che su incarico del Ministero ha effettuato, lo scorso 3 ottobre, gli opportuni sopralluoghi presso l’area protetta interessata dagli scarichi.

Interrogazione a risposta immediata presentata dall’ On. PRESTIGIACOMO
Ringrazio l’onorevole Prestigiacomo perché mi permette dirimarcare ancora una volta quanto il tema del contrasto al dissesto idrogeologico sia al centro dell'agenda di questo Governo sin dal suo insediamento.
A tal fine è stata istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri un’apposita “Struttura di missione”, che ha proprio il compito di imprimere una forte accelerazione all'attuazione degli interventi di messa in sicurezza del territorio, procedereall'immediato e mirato utilizzo dei fondi ancora non spesi, efunzione di supporto alla nuova programmazione delle risorse per il ciclo 2014-2020. A questa va aggiunta la valutazione della possibilità di accedere a forme di finanziamento alternativo, anche attraverso il ricorso alla Banca Europea per gli Investimenti (Bei). Con il “decreto competitività”,  il Governo ha affidato la responsabilità della realizzazione degli interventi ai Presidenti delleRegioni in qualità di «Commissari straordinari delegati», attribuendo loro la titolarità delle contabilità speciali con le quali gestire i fondi e anche ulteriori poteri di autorizzazione, con l'obiettivo della massima semplificazione, velocizzazione e trasparenza delle procedure. Per quanto concerne in dettaglio l'aspetto finanziario, l'azione del Governo segue due linee di intervento.

  • In primo luogo, il recupero di risorse assegnate a partire dal 1998 a vari livelli di governo e non ancora utilizzate.
  • In secondo luogo, la programmazione di nuove risorse a valere sul nuovo ciclo del Fondo per lo sviluppo e la coesione 2014-2020. 

A giugno 2014 le risorse programmate, ma non ancora avviate a cantiere, ammontavano a 2 miliardi 312 milioni di euro, di cui 308 milioni per gli interventi programmati prima del 2009, 785 milioni per i Piani operativi regionali e un miliardo e 219 milioni provenienti dagli accordi di programma 2009-2010. Si tratta di somme ingentissime che potevano e dovevano essere spese in questi anni con interventi che, se non avrebbero evitato tutti i disastri avvenuti negli ultimi mesi, certamente potevanomitigare la drammaticità di alcune conseguenze, come nel caso di Genova. L’Unità di Missione, in collaborazione col Ministero dell’Ambiente, è a lavoro per far sì che entro la fine dell’anno vengano aperti almeno 400 cantieri e gli altri 700 siano avviati nel 2015. Inoltre con un emendamento governativo allo “Sblocca Italia”,intendiamo accelerare i procedimenti davanti ai giudici amministrativi, per la realizzazione degli interventi più urgenticonnessi con la tutela dell’incolumità pubblica.
 

 


Ultimo aggiornamento 29.10.2014