Newsletter n.14/2022 - Chi fa pesca subacquea in un’area marina protetta commette un reato. Altrettanto gravi gli illeciti che commette chi acquista il pescato

[Quest’estate è diventato tristemente virale un video in cui delle persone dopo aver pescato illegalmente nell’Area Marina Protetta di Capo Caccia - Isola Piana, in Sardegna, hanno raccontato di aver venduto il pesce a un ristorante della zona. Pubblichiamo il commento di Mariano Mariani, direttore della Area Marina Protetta coinvolta]

 a cura di Mariano Mariani, direttore della AMP di Capo Caccia - Isola Piana


Roma 21 settembre 2022 - Il caso recentemente balzato alle cronache di due giovani che in Sardegna hanno pescato illegalmente all’interno dell’Area Marina Protetta di Capo Caccia- Isola Piana (ad Alghero) e postato il video della loro “bravata” su tutti i social, al di là della gravità del fatto in se, apre una serie di questioni, troppo spesso date per scontate, che meritano di essere ricordate.

È importante sottolineare che le aree marine protette (AMP) sono istituite dal MiTE proprio ed in particolare per proteggere le specie e gli ecosistemi vulnerabili, preservare la biodiversità marina, ristabilire l'integrità degli ecosistemi ed il loro equilibrio, migliorare la riproduttività delle popolazioni dei pesci.

Non dobbiamo dimenticare quindi che le AMP sono ambienti delicati che svolgono queste importanti funzioni di tutela e conservazione; ed è per questo che tutti dobbiamo contribuire a rispettarle. Eccettuate le aree di protezione integrale (le cosiddette zone A che non ammettono alcun tipo di fruizione), le zone B e C di tutte le nostre AMP possono essere invece frequentate, ma nel rispetto di alcune fondamentali regole di fruizione. La pesca subacquea, è bene sottolinearlo, è totalmente vietata.

Praticare la pesca subacquea all’interno del perimetro di una qualsiasi area marina protetta italiana è molto grave ed è sempre una violazione di carattere penale (e non semplicemente un illecito amministrativo) a prescindere dalla zona nella quale essa venga praticata (A, B o C) e dal fatto che si sia o meno effettivamente catturato qualcosa. Inoltre, non può essere adotta nessuna giustificazione circa la mancata conoscenza dell’esistenza di una AMP, neppure in assenza di segnalazioni. È quindi sempre necessario accertarsi bene delle eventuali limitazioni presenti sul sito di immersione.

Non contenti i due giovani del caso che discutiamo hanno postato su tutti i social il filmato della loro bravata con dovizia di particolari che ci consentono di fare qualche altra riflessione. Come documentato dal filmato è stata portata a termine anche una operazione di vendita del “bottino” con la complicità di un noto ristorante di Alghero del tutto incurante della provenienza illegale del pescato e del rispetto della normativa sulla tracciabilita` del prodotto e delle norme igienico-sanitarie.

A prescindere dagli illeciti commessi e dai forti rischi di commettere anche un reato che corre il ristoratore, appare ancora più grave il fatto che lo stesso ristoratore non abbia considerato che quanto commesso rischia di compromettere la propria immagine agli occhi del consumatore con una perdita di credibilità sul mercato.

Ammirevole è stata la reazione della comunità algherese che ha “inondato” di segnalazioni gli uffici della AMP e degli organi di polizia, intervenuti tempestivamente per le conseguenti azioni di denuncia dei trasgressori.

Si è trattato di un segnale di grande importanza che misura una sensibilità in continua crescita nel territorio sui temi dell’ambiente e del rispetto di specie e habitat. Una consapevolezza fondamentale per contribuire a prevenire e reprimere questi illeciti.

Quanto successo, tuttavia, deve fare riflettere sul fatto che è ancora lunga la strada per sconfiggere questi comportamenti scellerati. Purtroppo non si tratta di episodi isolati, ma di comportamenti ancora molto diffusi che dalla pesca subacquea illegale arrivano, come nel nostro caso, a coinvolgere il tessuto produttivo della ristorazione. Tutti devono fare la loro parte. Serve l’impegno di tutti e la forte consapevolezza delle comunità locali può fare la differenza per fare da monito, non solo per i pescatori di frodo, ma anche per i ristoratori che devono vigilare e stare molto attenti a non trasgredire le leggi e a non compromettere la loro immagine nei confronti del consumatore.


Il MiTE, insieme a Guardia Costiera e RAI, ha promosso una campagna istituzionale per sensibilizzare alla tutela e valorizzazione delle Aree Marine Protette. Questo patrimonio è in ognuno di noi, viviamolo in modo sostenibile!


 

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Ultimo aggiornamento 20.09.2022