PFAS – Inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche nelle acque

La risorsa idrica costituisce un bene prezioso per l’uomo e per l’ambiente. Tuttavia, le attività antropiche possono comprometterne la qualità, con l’introduzione di contaminanti provenienti ad esempio da scarichi industriali non adeguatamente trattati, da attività agricole e civili, o da deposizioni atmosferiche. Una classe di inquinanti che sta destando sempre più preoccupazione a livello globale, e non solo nazionale, è rappresentata dalle sostanze per- e polifluoroalchiliche (PFAS, https://echa.europa.eu/it/hot-topics/perfluoroalkyl-chemicals-pfas).

I PFAS sono composti chimici altamente fluorurati caratterizzati da una struttura chimica molto stabile che li rende particolarmente resistenti ai processi naturali di degradazione, a causa della loro elevata persistenza ambientale, tanto da essere nominati “forever chemicals”. Grazie alla loro inerzia chimica sono stati utilizzati fin dagli anni 50 in molti settori industriali, come quello conciario, della produzione di carta e dei contenitori per uso alimentare, per i rivestimenti antiaderenti delle pentole e come impermeabilizzanti nella produzione di abbigliamento tecnico (goretex).

A causa di un utilizzo massiccio, di una forte resistenza ai processi di degradazione naturale (fotolisi, idrolisi e decomposizione aerobica e anaerobica) e della tendenza ad accumularsi negli organismi viventi, si è verificata nel tempo una diffusa contaminazione ambientale. Inoltre, alcuni PFAS, tendono a biomagnificare attraverso la catena alimentare. Tale processo di biomagnificazione consiste nell’aumento della concentrazione delle sostanze tossiche, a partire dai livelli trofici più bassi fino a raggiungere quelli più alti della piramide alimentare. L’accumulo dei PFAS nell’organismo umano ha effetti tossici e può essere correlato a patologie neonatali, diabete gestazionale e, in caso di esposizione cronica, formazione di tumori. Alcuni PFAS sono stati classificati anche come potenziali interferenti endocrini.

La problematica relativa alla contaminazione da PFAS delle acque superficiali e sotterranee sul territorio nazionale, con particolare riferimento alla provincia di Vicenza e Comuni limitrofi, è all’attenzione anche di questo Ministero e concerne aspetti sia di natura sanitaria che ambientale (tutela dei corpi idrici, disciplina degli scarichi, programmazione risorse, bonifiche, danno ambientale, etc.).

Alla luce degli esiti del primo studio completo, a cura del CNR, sul rischio ambientale e sanitario associato alla contaminazione da PFAS nei principali bacini italiani, conclusosi nel 2013, è stato avviato un percorso virtuoso teso ad affrontare le cause della contaminazione nelle acque e a mitigarne gli effetti mediante l’individuazione di possibili misure idonee a ridurre tale problematica, sia nel breve che nel lungo periodo.

Con il decreto legislativo 13 ottobre 2015 n.172, di recepimento della direttiva 2013/39/UE del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica le direttive 2000/60/CE e 2008/105/CE per quanto riguarda le sostanze prioritarie nel settore della politica delle acque, il nostro Paese ha introdotto, per la prima volta, gli standard di qualità ambientale (SQA) per i 5 PFAS più diffusi nell’ambiente. È, inoltre, in corso la nuova revisione della direttiva sulle sostanze prioritarie. La proposta di modifica prevede l’introduzione del parametro somma di PFAS, comprensivo di 24 PFAS, nell’elenco delle sostanze prioritarie, a sottolineare l’impegno dell’Europa nel contrasto a questa fonte di contaminazione ambientale.

Anche il decreto legislativo 23 febbraio 2023, n.18, di attuazione della direttiva (UE) 2020/2184 concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano, di competenza del Ministero della Salute, prescrive il rispetto di due diversi parametri: somma di PFAS, relativo a 24 diverse sostanze tra le più usate, e PFAS totale, in cui rientrano tutte le sostanze classificate come PFAS (Direttiva qualità delle acque destinate al consumo umano ((UE) 2020/2184).

L’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) si è occupata, su incarico di questo Dicastero, di coordinare il monitoraggio nazionale dei PFAS nei corpi idrici superficiali e sotterranei, finalizzato a delineare un quadro nazionale completo dell’entità e dell’estensione della contaminazione dei corpi idrici superficiali e sotterranei anche per l’individuazione dei siti potenzialmente impattati dai PFAS. Gli esiti del monitoraggio sono stati pubblicati al seguente link, nel dicembre del 2018: https://www.isprambiente.gov.it/it/evidenza/pubblicazioni/no-homepage/indirizzi-per-la-progettazione-delle-reti-di-monitoraggio-delle-sostanze-perfluoroalchiliche-pfas-nei-corpi-idrici-superficiali-e-sotterranei.

Infine, sul sito istituzionale di ISPRA, al fine di supportare le Regioni negli adempimenti di competenza, è stata pubblicata, a maggio 2023, la linea guida per l’individuazione dei valori limite allo scarico per le sostanze prioritarie, pericolose prioritarie e per gli altri inquinanti (https://www.sintai.isprambiente.it/public/UWWTD/strumenti.xhtml?faces-redirect=true#), tale linea guida è stata elaborata dal gruppo di lavoro costituito dagli esperti dell’Istituto di ricerca sulle acque (IRSA-CNR), dell’Istituto superiore di Sanità (ISS) e dell’ISPRA.

 


Ultimo aggiornamento 10.01.2024